Il 23 Novembre in Giappone si festeggia il Kinro Kansha no Hi, ossia il “Giorno del Ringraziamento per il Lavoro”.

Voluto dalla legge come festa nazionale, questo giorno rappresenta per tutti i giapponesi l’opportunità di commemorare e ringraziare per il proprio lavoro.

Il Giorno del Ringraziamento per il Lavoro deriva da un antico festival tenuto per il raccolto del riso, che celebrava il duro anno di sacrifici di ogni giapponese. La festa moderna invece venne istituita dopo la Seconda Guerra Mondiale, nel 1948, come giorno dedicato a sottolineare non solo l’impegno di ogni cittadino ma anche tutti i fondamentali diritti umani, la pace, l’ambiente.

 

Lo stacanovismo giapponese

Come si festeggia il giorno dei lavoratori in Italia?
E’ un giorno di vacanza, è primavera, ci si fa un giretto, una grigliata in compagnia…
Come si festeggia il giorno del ringraziamento per il lavoro in Giappone?
In molti…. vanno a lavorare.
Certo, è festa nazionale quindi i negozi, le scuole, gli uffici dovrebbero essere chiusi, e avrebbero tutto il diritto di farlo. Il punto è che il concetto del lavoro in Giappone è ben diverso da quello italiano.
E’ vero, anche noi abbiamo i vecchietti pensionati che continuano ad andare a lavorare perché solo di lavoro è fatta la loro vita, ma in generale il lunedì mattina è una bastonata in testa per l’intera penisola.
In Giappone invece, sono tutti degli stacanovisti. Il senso del dovere e del sacrificio fa parte della loro cultura, cosicché si passano più notti in ufficio che a casa, ci si sente in colpa ad avere le ferie pagate e si fanno TANTI, TANTI straordinari OGNI mese.

E’ stata questa diligenza che ha portato al miracolo economico dopo il disastro della Seconda Guerra Mondiale, è stato questo impegno a far salire il Sol Levante nel podio delle economie più forti del mondo. Ora però, dopo anni e anni, anche i giapponesi iniziano a chiedersi se ne valga davvero la pena.
Vale la pena se le famiglie si sfasciano o se proprio non ci si è riusciti a sposare? Vale la pena se ogni anno centinaia di persone muoiono di karoshi? Vale la pena se tanto il Giappone è la terza economia mondiale, ma ha la peggiore produttività tra i paesi del G7? Già. “Tanto” non significa sempre “bene”.

Le giornate di lavoro giapponesi sono interminabili. Si inizia la mattina presto col cosiddetto sushi-zume (termine che paragona i chicchi di riso del sushi attaccati l’uno all’altro ai pendolari che si recano al lavoro in metro) e si prosegue normalmente per 12 ore. Può anche essere che la notte si perda l’ultimo treno e non si riesca a tornare a casa, così nascono i capsule hotel e i distributori di camicie e cravatte a poco prezzo.

In media i giapponesi fanno 80 ore di straordinari al mese e prendono soltanto la metà delle ferie riconosciutagli. Non tutti i contratti prevedono la copertura sanitaria e la pensione, anche se si possono pagare individualmente nel comune di residenza.

Hey, non siamo tutti invincibili. Non tutti ce la fanno a convivere con lo stress e il battito super-accelerato dell’orologio.

Karoshi

Il karoshi è la morte per troppo lavoro. In Giappone hanno dovuto darle un nome, come se si trattasse di una malattia. Questo perchè capita spesso, anche troppo spesso. Il karoshi, generato dallo stress, si manifesta sotto forma di problemi fisici (ictus, arresto cardiaco) o mentali (depressione, suicidio). I primi casi di Karoshi si ebbero negli anni del miracolo economico, e sono andati aumentando in maniera esponenziale fino ad oggi. In particolare negli ultimi tempi due casi hanno scatenato l’opinione pubblica: quello di Miwa Sado e quello di Matsuri Takahashi.

  • Miwa Sado (31 anni) era una reporter della rete televisiva nazionale NHK. Morì nel 2013 per arresto cardiaco. Si scoprì che nei mesi precedenti la morte, durante i quali aveva seguito delle elezioni locali per la TV, aveva lavorato quasi tutti i fine settimana e si era trattenuta in ufficio sempre fino a mezzanotte. Nel mese prima della morte aveva avuto soltanto due giorni liberi, così era arrivata ad accumulare 159 ore di straordinari. Se considerate che una persona normale lavora 40 ore a settimana e 160 in un mese, lei aveva praticamente lavorato il doppio.
  • Matsuri Takahashi (24 anni) era una dipendente dell’agenzia pubblicitaria Dentsu. Per mesi fu costretta a fare 100 ore di straordinari, fino a quando stremata e depressa, non si buttò dal tetto del dormitorio aziendale in cui viveva. Era il 2015, e nel 2017 la Dentsu è stata condannata a pagare una multa di circa 500.000yen per aver violato le leggi sul lavoro. Cosa sono 500.000yen per la società di advertising più grande del Giappone? Se non altro ora le luci dell’azienda si spengono automaticamente alle 22:00, obbligando così i dipendenti ad andarsene a casa.

Si continuerà a morire di karoshi in un mondo in cui il lavorare fino allo sfinimento è considerato un gesto ammirevole, che dimostra la propria dedizione e il proprio rispetto nei confronti dell’azienda e dei superiori. Se le cose cambieranno, lo faranno solo piano piano.

Come cambiare

Il governo si sta impegnando per risolvere il problema. Ecco quindi l’incoraggiamento a prendere almeno 5 giorni di ferie all’anno, e l’introduzione dei “venerdì premio“: ogni ultimo venerdì del mese si può uscire dal lavoro alle 15:00. Nel 2016 inoltre è stata creata una nuova festa nazionale: “la giornata della montagna“. Ci si prova, dai.

E non commettiamo l’errore di fare di tutta l’erba un fascio: alcune aziende da cui prendere esempio ci sono!
La Panasonic, che nel 1965 è stata la prima azienda giapponese a introdurre la settimana lavorativa di cinque giorni, oggi permette ai dipendenti di lavorare da casa e andare al lavoro in jeans.
Nella sede principale della Cybozu invece ci sono scimmie e pappagalli di peluche, i dipendenti indossano abiti informali e scarpe da ginnastica. Yoshihisa Aono, il fondatore, esce ogni giorno dal lavoro alle 16:30, per passare del tempo coi figli.
Si tratta di realtà peculiari, ma il fatto che ci siano è un buon segno.

Dal Giappone per il Giappone: l’Ikigai

L’Ikigai è la nostra raison d’être, il motivo che ci spinge ad alzarci dal letto ogni mattina e ci rende felici. Una filosofia nata dallo studio dell’arcipelago di Okinawa: gli abitanti di queste isole non solo sono tra i più longevi del mondo, ma soprattutto… sono essenzialmente felici. Qual è il loro segreto? Sicuramente la cucina, il clima, il tenersi in forma. Ma sembra ci sia anche qualcosa di più: la meditazione, le amicizie, il contatto con la natura.
L’Ikigai aiuta a prendere esempio da loro, a trovare uno scopo che ci renda appagati, sereni, e può addirittura farci trovare il lavoro perfetto!

Qualche insegnamento dell’Ikigai che tutti dovremmo seguire:

  • Trova il tuo equilibrio: meditare, correre, scrivere, applicarsi nel cucito o nel giardinaggio sono lavori che spingono a stare soli con se stessi e capire ciò che si desidera nel profondo.
  • Segui la curiosità: fa scoprire cose nuove, vivere situazioni impensabili, riempie di soddisfazione.
  • Ogni notte, annota su un quaderno i tre momenti più felici della tua giornata: leggendo queste note giorno dopo giorno, potresti essere in grado di trovare elementi che ritornano, attività, contesti, persone… e scoprire cosa ti incuriosisce e ti rende felice!
  • Circondati di persone che credono in te e supportano i tuoi sforzi e le tue scelte. Elimina dalla tua vita chi vuole scoraggiarti.

 


In questo articolo avete trovato soltanto immagini carine ed allegre: una scelta voluta, per contrastare un po’ con il pessimismo dell’articolo. In fondo nei giorni di festa bisogna essere allegri, no? ^^”… O forse è soltanto un mio senso di colpa per aver scritto un articolo triste quando avrei voluto farne uno allegro T___T

Ecco i crediti, vi consiglio di dare una bella letta a tutto:

May stardust lead you ~